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Corona Triple

Avventure  e disavventure  in bici nell'anno  del Covid-19

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Anteprima

In attesa di pubblicare il diario completo, la cui scrittura procede lenta come un viaggio in bici, ecco una breve sintesi scritta per un concorso di racconti sulla pagina facebook "I Cicloviaggiatori"

Ebbene sì, nell’era dei social, dove basta un profilo Strava per sentirsi influencer, ho scelto un titolo simpatico per il viaggio.

CORONA, perché il Covid ne ha determinato la pianificazione, TRIPLE perché ero con i miei due amici storici e messe assieme fanno il verso al nome di una birra, che pure è importante nel cicloturismo.

Il grande Eduardo diceva “essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”. Io, invece, ritenendomi superiore a ciò,  ho postato tracce e foto con l’hashtag #coronatriple e così, al terzo giorno, sulle rampe del Maloja gli dèi hanno punito la mia superbia. Non un corona (virus), bensì una corona (anteriore) rotta mi ha costretto ad un rientro anticipato. Scherzo del destino o cattiva manutenzione?

Raccontiamo con ordine. L’idea di questo viaggio è nata al primo giro in post-lockdown con Andrea e Vlad. L’estate 2019 avevamo viaggiato ognuno per conto proprio, la primavera 2020 eravamo chiusi in casa, per l’estate 2020 dovevamo assolutamente pedalare, ridere, scherzare e bere assieme. Partenza ed arrivo Milano per evitare treni affollati e restrizioni agli spostamenti, un compromesso tra la voglia di salite di Andrea, la mia scarsa forma ed i pochi giorni liberi per Vlad riassunto in sei tappe di cui la terza tosta da Chiavenna a Tirano, passando da Maloja, Sankt Moritz e Bernina. Troppo per me che non sono mai salito sopra i 2000m, ma non potevo togliere ai miei amici anche questa salita.

La sera precedente avevo paura di stare per fare una grossa cazzata a lanciarmi ben oltre le mie possibilità, ma il bello della compagnia è anche questo, avere stimoli a superarsi. “Il Maloja è facile, sembra che non finisca mai, ma sale piano” mi dicevano tutti e mi sono lasciato confortare da queste parole e dai piani B , Postale e trenino rosso. Completare la salita era appunto questione di testa oltre che di gambe, dovevo salire con il mio passo, partire lento col rapportino dai primi km, e mangiare bene e sano,senza i dolci e schifezze dei giorni in pianura. La salita davvero sembrava non finire mai, contavo i km alla vetta per farmi coraggio: -25, -10. Quando sono arrivato a -2, mi è apparsa davanti una parete verticale di tornanti , o almeno così la vedevo, che mi ha fatto fermare. Avevo bisogno di prendere fiato, mangiare e poi ripartire per l’ultimo sforzo, ormai c’ero quasi, 30km erano alle spalle e 2 si fanno anche a piedi. Salto in sella e spingo sui pedali, ma subito la catena cade giù. La corona anteriore piccola è piegata all’interno retta da un solo bullone. Avevo già notato un po’ di difficoltà nei cambi, ma non gli ho dato peso programmando di registrare il cambio una volta tornato a Milano. Ed invece, col senno di poi, avrei dovuto controllare il serraggio dei bulloni.

Sono rimasto solo, staccato dai miei compagni, qualche ciclista si è fermato, ma nessuno può aiutarmi, devo cercare un meccanico e, senza più rapporti agili, posso solo scendere in Italia. Avviso i miei compagni speranzoso di poterli raggiungerli in serata.

Dovrei essere incazzato nero per la sfiga tremenda, ma non ci riesco: sto pedalando in discesa in mezzo alle Alpi e non posso fare a meno di guardarmi attorno, ammirare il paesaggio e sentirmi fiero che, seppur lentamente, quella strada l’ho fatta salendo e no, non era affatto così facile. A Chiavenna trovo un’officina aperta, ma non ha il pezzo che mi serve, telefono ai negozi di tutta Valtellina, ma nessuno  ha quello che mi serve. Pedalo ancora in pianura fino a raggiungere il treno per Milano, malinconico, ma soddisfatto di quello che sono riuscito a fare in tre giorni. Scalare il piccolo Stelvio (Size dosen’t matter); bagnarsi alle cascate Valganna, sotto le purissime acque dell’Olona, fortuna del birrificio Poretti; fotografare i laghi Ceresio e Lario da cento angolazioni diverse; passeggiare bici a mano per il centro di Lugano; comprare una tavoletta di cioccolata sul confine svizzro e mangiarla intera in Italia su una spiaggia a Menaggio; tuffarsi dove incontrano i due rami del lago di Como; scoprire le ciclabili delle ex- ferrovie di Ghirla e Porlezza, della Valchiavenna e soprattutto un sentiero interamente nel bosco in Valganna; abboffarsi di pizzoccheri bianchi, affettati e “limoncello amaro” pagando di più la cena che il letto.

Avrò tutto l’inverno per scrivere e pubblicare sul mio blog il diario di questo ciclo-viaggio interrotto e per sognare e programmare la prossima vacanza.

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