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ITAm Preparativi

Prima della partenza

Sono due anni che ho l’hobby di viaggiare in bicicletta. Rettifico, viaggiare è un parolone fin troppo inflazionato, sono due anni che faccio vacanze in bicicletta. Non nel senso che mi porto la bicicletta al mare, ma nel senso che metto due borse coi vestiti sul portapacchi della bici e raggiungo la mia destinazione pedalando. Quella che sto per raccontarvi è la quinta vacanza fatta in questo modo, weekend inclusi. Ho fatto il giro del Lago Maggiore con l’entusiasmo della prima volta, ho fatto l’Adrianubio (ciclovia dell’Alpe Adria e ciclovia del Danubio) con l’entusiasmo di essere entrato seriamente nel giro dei ciclo-viaggiatori e la gioia di vedere realizzato a 37 anni il mio “sogno nel cassetto”, quello sfizio che avevo sempre avuto e che mai mi ero tolto.
Ma questa volta, preparativi molto approssimativi, per un mini-viaggio all'insegna della precarietà. Quell’estate avevo già organizzato altre vacanze, rimanevano pochi soldi e pochi giorni di ferie a disposizione per qualcosa di lungo e lontano come l’anno precedente. Inoltre anche i compagni Vlad ed Andrej, compagni nel doppio senso della parola, avevano disponibilità diverse di giorni ed itinerari ed allora mi è venuta la fulminante idea “Vabbuò, visto ca aggi’a ì a Salierno, quase quase ce vaco co ‘a bicicletta“I’m going to Salerno, so I’m going by bike”.
Questa idea è rimasta confusa nella mia testa per un po', tra gli altri pensieri confusi che avevo. Poi con i consigli di Google, di Facebook, di Trenitalia si è abbozzato un itinerario, che però non si è dettagliato fino al giorno della partenza, anzi che si è definito solo quando ho “salito” la bici sull'ultimo treno verso il Sud. 
In sintesi il ragionamento di partenza è stato questo: niente strade costiere perché ad agosto fa caldo e c’è folla; si fa un percorso all'interno e si trovano due località collegate a Milano e a Salerno da treni regionali, in modo da dividere i 900 km di viaggio più o meno così: 300 treno, 300 bici e 300 treno, visto i 3 o al massimo 4 giorni a disposizione. Si arriva col treno a Forlì e da lì si scende lo stivale, seguendo qualche traccia che ho trovato sul web ðŸš², un po’ di via Tiberina ed un po’ di via di Francesco, poi in qualche parte dell’Umbria riprenderò il treno per Salerno. Studio percorso ed altimetria solo della prima tappa e mezzo; il primo giorno farò Forlì - Bagno di Romagna, ed il secondo affronterò l’Appennino a gamba fresca, tutto il resto si deciderà on the road, a comme vene
Parto quindi, con un letto prenotato solo per le prime due notti, senza aver stabilito cosa fare i giorni successivi, né quando arrivare a Salerno, se sabato oppure domenica, diviso tra la voglia di pedalare un giorno in più e quella di non far aspettare troppo i bambini che sono a casa della nonna.

ITAm day0

Day 0 :  Trasferimento in treno con una bici e cento paranoie

Milano - Forlì
Bici:13km Treno:260km

martedì

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Faccio coincidere il trasferimento con un giorno lavorativo. Il mio turno in aeroporto termina alle 15, quindi ho tutto il pomeriggio per tornare a casa, pedalare fino alla stazione e raggiungere in treno la partenza del mio itinerario. Mi siedo davanti al radar con gli occhi sugli aeroplani e la testa alla bici. Sono fortunato, ottengo il permesso di uscire un’ora prima e mi capita la postazione più tranquilla di tutta la sala radar, così non corro il rischio di rogne prima della ferie. Sono contento di partire, ma, strano a dirsi, anche un po’ annoiato. E’ una vacanza buttata lì in mezzo agli altri “impegni” estivi, non ho programmato nulla. Per la prima volta pedalerò alla giornata, partendo in bici senza aver un posto letto prenotato per la notte successiva. E se da un lato la cosa mi stuzzica, dall’altro sento una voce che dice “Ahò, ma nun è che sai a fa’ na cazzata?” “Are you sure you’re doing the right thing?”. Però a questo giro va così. Ho fatto ciclo-vacanze da solo, in gruppo ristretto ed in gruppo numeroso. In compagnia è decisamente meglio, ma ci sono periodi in cui hai bisogno di stare un po’ per i fatti tuoi, staccare da tutto e da tutti. Soprattutto quando sai che stai per affrontare un grosso cambiamento e vuoi prendere la rincorsa.

Ore 14:00 CET, timbro, esco, arrivo a casa, mi cambio, prendo la bici in cantina che era già carica e pronta dal giorno prima e mi avvio a Rogoredo. Pedalo 10 minuti e la bici mi sembra strana come se fosse frenata. Controllo al volo se le ruote sono gonfie o le borse se toccano … sembra tutto a posto, ma qualcosa non mi torna. Non ho tempo di togliermi tutti i dubbi e la salgo sul treno. E niente, ai timori fessi della vigilia (previsioni meteo di “instabilità locale”, alberghi pieni o cari, crollo fisico alla prima salita) si aggiunge quello della bici rotta, che non dovevo tradire Piera per Nikita (ho dato due nomi alle mie biciclette, ma non sono pazzo, posso smettere quando voglio io), la bici è nuova, non è rodata e non ci so mettere mano. Sarà che mi mancano i miei compagni di viaggio, sarà un po’ di insicurezza, ma mi sale la paranoia che la bici è rotta e mentre il regionale attraversa lento la pianura padana, cerco un confronto su Whatsapp ed alla fine mi convinco che avendo lasciato la bici appoggiata al muro della cantina e con le borse sul portapacchi, il loro peso ha in qualche modo sballato la ruota. Non è che posso mettermi a pedalare dentro al treno, ma provandola da fermo la ruota di dietro è effettivamente frenata da qualcosa, ma non riesco a vedere nulla che la ostruisca. Decido che a Bologna, dove ho mezz’ora di coincidenza, la farò vedere da un ciclista che ho trovato su Google proprio vicino alla stazione, al massimo prenderò il treno dopo. Scendo, tolgo le borse, giro la bici all’ingiù sul sellino, faccio andare la catena ed è tutto regolare. Risistemo tutto e pedalo fino al negozio e la bici va bene; non potendo chiedere di riparare un guasto immaginario, mi faccio prestare la pompa con manometro (ma le ruote erano già gonfie) e compro un kit per foratura, che mancava alla mia attrezzatura. Capisco, dopo, che siccome il portapacchi ha due posizioni per mettere le borse, in quella più interna la ruota ci struscia vicino, è bastato spostare le borse sul gancio più esterno per risolvere il problema. A ripensarci mi sento un po’ un pivello e potrei anche saltarne il racconto, ma, in fondo, le ansie, anche le più stupide, fanno parte del ricordo del viaggio.

Arrivo a Forlì e pedalo fino all’Airbnb che avevo prenotato, una stanza nella classica casa della nonna, che la mia host avrà presumibilmente ereditato. Ma per 20 euro un letto per dormire è sufficiente, fa niente l’arredo vintage. Mi lascia anche mettere la bici nel suo garage, quindi TOP.

Forlì è stata scelta come tappa di partenza del viaggio, solo perché ci ho vissuto un anno e mezzo quando studiavo da controllore di volo; il percorso della via Romea-Tiberina passa in realtà per Cesena, il tratto da Forlì a Cesena, ciclisticamente è poco interessante, quindi consiglio a chi volesse ripercorrerlo di avere come riferimento Cesena. 

Forlì è rimasta la stessa di 10 anni fa, addirittura l’ho trovata ancora più desolata. Già quando c’è gente è una città spenta (soprattutto in confronto alla Milano dei mille eventi), ora che è agosto sembra proprio una città fantasma. Giro un po’ in bici per il centro, non con l’occhio del turista, ma cercando i miei ricordi di un passato breve, ma significativo (qua ci vorrebbe una bella citazione di Proust, ma non ne conosco ed i francesi mi stanno anche un po’ antipatici). Faccio un po’ di foto in giro dei posti che frequentavo, fino ad arrivare al mitico parco urbano “Franco Agosto”, testimone di serate al cazzeggio, passeggiate di relax e buone intenzioni sportive.

E mi accorgo che tutti i forlivesi ancora in città sono lì a portare a spasso i bambini o i cani, a seconda dei casi, così tanti da aspettare quasi un’ora per una piadina. E niente mi siedo ed aspetto, tanto ho scelto il modo più lento possibile per spostarmi e nisciuno me corre appriesso (nobody hurries me); se al contrario avessi avuto fretta a quest’ora starei già â casa ‘e mammà (chez maman)  a "strafogarmi" di mozzarella dicendo con nonchalance “ma non ce n’era bisogno, tanto ho mangiato un panino in treno”. La mozzarella può aspettare qualche giorno, ma io non lascio Forlì senza una bella piadina. Mamma d’ ‘o Carmine (Oh my God) mi ero dimenticato quanto era buona la piadina nei tendoni in Romagna, impasto fresco steso con la macchinetta e cotto al momento. Quando te la mangi è bella spessa, niente a che spartere (nothing to do with) con quelle che trovo al supermercato o nelle catene a Milano. Ci credo che quando ero al corso ne mangiavo 2 alla volta, oppure ne aggiungevo alla fine una con la Nutella. Altro che Madeleine, se Proust avesse assaggiato una piada Squaquerone e Rucola avrebbe scritto 10'000 pagine.

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