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Epilogo

Spoleto (PG) - Salerno

Treno: 420 km

Bici: 18 km

Salita: 515m

sabato

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Ultimo giorno di vacanza, dismetto i panni del ciclista, proprio in senso fisico via fondello e maglia tecnica ed indosso quelli civili del turista. Come ho già scritto ieri, l’ostello dove soggiorno è ricavato nel sito di una vecchia villa romana, trasformatasi nel corso dei secoli, per cui faccio il turista già dalla colazione. Porto un succo di frutta ed un cornetto in giardino e me li gusto passeggiando da solo tra i ruderi di origine romana, un giardino all’italiana di chissà quale secolo, con fontane obelischi ed un piccolo orto botanico. 

Villa Redenta, Spoleto

Poi vado in stazione a fare i biglietti, partirò intorno a mezzogiorno ed arriverò a Salerno nel tardo pomeriggio con soli 3 cambi. Ho un piccola discussione con la biglietteria, sul supplemento bici che mi consegnano c’è scritto “non valido in Campania”, dove è in vigore una tariffa diversa, e chiedo come comportarmi. Mi spiega che se viaggio su un treno interregionale il supplemento “nazionale” vale anche per il tratto campano. Io, però, effettuerò un cambio a Napoli su un treno regionale e quindi l’addetta non sa dirmi se il supplemento è valido o no e mi consiglia di chiedere in stazione a Napoli prima della coincidenza.

Nel 2019 Trenitalia ancora non consente di portare la bici montata sui treni a lunga percorrenza. Potrei smontarla, ma ho paura di fare qualche danno alla bici nuova e quindi non mi sono attrezzato con borse o sostituti, lo avevo stabilito in partenza di non avere fretta ed accorciare il viaggio di una o due ore non mi è di alcuna utilità. Anzi posso approfittare della mattinata per visitare con calma Spoleto

Rocca Albornoziana, Spoleto

Ovviamente ci giro in bici, non di fretta, come ho fatto a Perugia, ma con i tempi giusti riesco a visitare in modo spedito tutto il borgo medievale che si sviluppa tutto intorno ad un castello posto sulla sommità della collina (colle Sant’Elia). Inizio dall’alto e mi avvio in cima fino alla rocca Albornoziana, seguo tutta la passeggiata che parte a spirale dalla base del castello godendomi l’ampio panorama. Di fronte, da dove sono salito io, si vede in basso la città di Spoleto, sia il centro storico che la parte nuova a valle tagliata dalla Flaminia.

Sul retro la rocca guarda verso Monteluco, di poco più alto; la valle che separa i due rilievi è tagliata da imponente ponte in pietra, il ponte delle Torri, ossia l’acquedotto medievale della città.

Ponte delle Torri, Spoleto

Sono tre giorni che fotografo montagne e pietre vecchie, ma ogni paesino ed ogni angolo che giro rimango incantato come un bambino a fissare i panorami. Non so dire quanto dipenda dall’oggettiva bellezza dei posti che ho visitato e quanto dal fatto che io sia abituato alle due regioni italiane più densamente popolate (Campania e Lombardia). O magari è proprio il muoversi in bicicletta con la fatica e la lentezza degli spostamenti che ti fa vedere ogni cosa con un occhio diverso e la rende più piacevole. Il tempo della contemplazione, però, è finito, completo il mio bike tour con il Duomo ed il teatro romano, e saluto l’Italia di Mezzo salendo sull’Interregionale per Roma Termini. Avrò circa 6 ore di treno per peparmi al ritorno alla realtà ed alle più canoniche vacanze dai parenti. Visto che avete avuto la pazienza di leggere fin qui, vi racconto anche questa parte su rotaia del viaggio.

Il primo cambio, di treno e di scena, è alla stazione di Roma Termini affollata, come è ovvio che sia, essendo il primo sabato di agosto. Ho una ventina di minuti, giusto il tempo di una pizzetta, presa ad un chiosco in testa al binario. Non c’era ancora il distanziamento dovuto al Covid, ma effettuo l’ordinazione ad oltre un metro dal bancone giusto per tenere sotto controllo la bicicletta, che non si sa mai. 
Sazio e con anche il caffè d’obbligo, salgo sul regionale per Formia, sistemando la bici sugli appositi ganci nella carrozza di testa. Finora in tutte le tratte in treno mi è andata bene, ho sempre trovato una carrozza o uno scompartimento dedicato, con diversi tipi di porta-bici, assenti del tutto solo nel Milano-Bologna, dove ho poggiato la bici alle pareti nella carrozza del capotreno. E neanche un ritardo, degno di nota, giusto una decina di minuti fisiologica. Tra Roma e Formia, invece, il treno resta fermo una ventina di minuti per un interruzione sulla linea, proprio il tempo che rischia di farmi perdere la coincidenza con il successivo treno per Napoli. Apro l’app di Trenitalia per vedere orario e binari di arrivo e partenza. Arriverò al binario 5 per ripartire dal binario 4, li conto a mente uno ad uno 1, 2-3, 4-5, se la stazione di Formia non ha un layout strano dovrebbero essere affiancati sulla stessa piattaforma. Sgancio la bici e mi avvicino alla porta per correre velocemente giù, entrando in stazione vedo l’altro treno ancora fermo, apro le porte e scendo, ma come metto piede a terra, vedo il treno per Napoli che mi parte in faccia senza aspettare.
E’ destino che in questa vacanza non si possa andare di fretta. Mi tocca aspettare circa un'ora il treno successivo, e cambiare a Caserta invece che Napoli. Resto sul binario, non mi sposto neanche per andare a prendere qualcosa al bar della stazione, anche se ci sarebbe il tempo di uscire fuori e dare un occhiata. Sono a due passi da casa e non ho voglia di fare ancora la trottola. Formia, oggi, è nel Lazio, provincia di Latina, ma dista meno da Napoli che da Roma e storicamente faceva parte del regno delle Due Sicilie, oltre all’Italia di Mezzo sono quasi ormai fuori anche dall’Italia del Centro.

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Sul treno successivo non ci sono porta-bici, né uno scompartimento di servizio, a stento in coda al treno trovo un buco per fissare la bici senza che ingombri eccessivamente il passaggio. Mi faccio troppi problemi, nello stesso buco due signori anziani saliti dopo di me infilano due grossi valigioni ed iniziano a parlarmi raccontando cose incomprensibili.  E qui sul cambio di treno che mi accorgo di aver varcato un confine che non è amministrativo, ma delimita un mondo completamente diverso rispetto al punto di partenza di questo viaggio. Non so dire perché, non è per il vagone obsoleto e affollato, dopo cambierò su un Caserta-Salerno con addirittura una rastrelliera a centro vagone in cui Nikita è più comoda di me; non è per il dialetto di chi mi parla, non è per i mille stereotipi che trovo fastidiosi quando li fanno gli altri, ma è stato da quel punto in poi che ho cominciato a risentire aria di casa e che il mio viaggio era ormai concluso.

Alla stazione di Salerno ci sono 3 donne ad accogliermi: mia sorella, mia figlia e mia nipote. Manca il marmocchio grande, non c’era posto in macchina anche per lui ed è rimasto a casa della nonna. Mia sorella abita proprio lì vicino (getisce un BeB, questo è il link, se volete approfittarne per una ciclo o non ciclo vacanza, chiamate e dite che vi mando io) e mi offre di lasciare la bici da lei ed accompagnarmi in auto a casa di nostra madre che abita in una frazione collinare appena fuori città. Ovviamente rifiuto, sono partito in bici da Milano e devo farmi in bici anche l’ultima decina di chilometri. Chissà il grande cosa sta facendo e pensando a casa: nella mia immaginazione me lo troverò affacciato al balcone ad applaudirmi e gridare “Bravo, papà!”

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Salsiccia di Norcia

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In questa tappa c'è stata una grossa lacuna. Per mancanza di tempo, legata agli orari dei treni, ho cenato nel primo fast food trovato uscendo dall'ostello.

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Avendone la disponibilità, l'ideale sarebbe percorrere la bellissima Spoleto-Norcia, ricavata su un ex-tracciato ferroviario ed una volta a Norcia recuperare le energie spese a base di salumi locali.

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A questo giro non è stato fatto, ho solo scattato una foto-promemoria della pedalata (e relativa mangiata) persa.

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