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Day 3: Gravel Ending

Città di Castello (PG) - Spoleto (PG)

Bici: 76 km

Treno: 63km

Salita: 660m

venerdì

strava Itamezzo3.jpg

Per la terza mattina di fila mi preparo a partire, un po’ più pigramente del solito sistemo sulla bici tutto il necessario compreso il cellulare nella sua tasca trasparente, con la traccia caricata. Esco dalle mura del centro storico ed attraverso la cittadina in direzione Sud. Obiettivo di oggi: arrivare a Gubbio ed una volta lì capire come portare a termine la ciclovacanza. Percorro appena un chilometro e noto un cartello turistico “Ciclovia del Fiume Tevere”, lo ignoro e proseguo, poi mi fermo e torno indietro a leggerlo. Descrive il percorso “realizzato secondo l’esempio delle grandi ciclovie fluviali del Nord Europa (cit.)”, 70 km da lì fino a Perugia, senza salite. Tergiverso un po’, la sera prima avevo stabilito di andare verso Gubbio, sentenziando “Basta fiumi !1!”. Ho fatto il Danubio che è la regina delle ciclovie europee e penso che, piuttosto che percorrere le imitazioni, valga di più la pena mettersi sulle orme del patrono d’Italia. Do un’occhiata in giro, la ciclabile, su ghiaietto, corre parallela e vicinissima all’argine, che in questo tratto non è per nulla cementificato. Le acque del Tevere sono di un verde chiaro molto inteso per il riflesso della fitta vegetazione.

“Al diavolo San Francesco”, cambio programma e giro le ruote verso Perugia, questo percorso mi ispira e poi dal capoluogo certamente ci saranno maggiori collegamenti ferroviari per continuare verso Sud.

Il tratto da Città di Castello ad Umbertide, di circa 30 km, è su ciclabile dedicata con distanze e direzioni segnalate ad ogni incrocio. In questo è veramente simile ai percorsi turistici del Nord Europa: quello che manca sono i ciclisti. Non incrocio nessuna bicicletta, ma soltanto trattori visto che il percorso passa in mezzo ai campi coltivati; anche un po’ troppo in mezzo, perché in più di un’occasione mi tocca scansare le pompe che sollevano l’acqua del fiume ad uso irriguo o passare in mezzo alle pozzanghere causate da queste ultime. La pista è stata aperta soltanto da un anno ed evidentemente è ancora poco conosciuta e poco frequentata, il che è un vero peccato.

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Addirittura, uno slargo con area attrezzata con panche, tavolini ed una rastrelliera è completamente inutilizzato e ricoperto da erba alta. Questa immagine da cattedrale del deserto, mi fa un po’ di tristezza e speriamo che presto questo venga sfruttato a pieno, così che il comune o l’ente responsabile della strada siano indotti a fare manutenzione e magari installare una fontanella, perché per chi va in bici una borraccia piena d’acqua è più importante che un posto dove sedersi.

Ciclovia del Tevere
Ciclovia del Tevere area picnic abbandonata

In un ora e mezza circa, arrivo ad Umbertide dove mi fermo una mezz’ora abbondante ed ho un minimo di contatti umani. Mi fermo alla stazione fs, per valutare se usare il treno per arrivare a Perugia, visto che la ciclabile termina qui e nel pomeriggio pedalare da Perugia verso Assisi. Ci rinuncio perché in questa tratta il servizio è effettuate da vetture diesel, di max due carrozze, senza servizio di trasporto biciclette. Anzi peggio, con servizio all’italiana “lo spazio non c’è, ma se non c’è gente il capotreno può decidere di farla salire lo stesso”. Non mi sembra per nulla una buona idea, anche perché la prossima corsa è dopo due ore, è capace che in bici ci metto lo stesso tempo.
Al bar della stazione, mentre prendo il caffè obbligatorio dei 20 km, entra un ragazzo non vedente, giusto per un saluto e poi esce. Dopo che è andato via il barista mi racconta “Quello lì è un amico di mio figlio. È un bravissimo ragazzo e molto in gamba, riesce a fare tutto da solo. Lo sa come ha perso la vista? Andava a caccia e si è beccato due pallini” concludendo il racconto con qualche imprecazione generica contro chi va a caccia, che condivido.
In un giardinetto, invece, mi ferma un altro ragazzo sulla trentina, tutto incuriosito dalla gravel. Con orgoglio gli descrivo tutti i dettagli tecnici di Nikita, del perché l’ho scelta così, gli parlo del giro che sto facendo e degli altri che ho fatto in precedenza.  Lui mi racconta che ha venduto la moto, con cui ha fatto anche vacanze itineranti, mostrandomi la sua city-bike e mi chiede qualche consiglio. Vorrebbe iniziare anche lui a fare ciclo-vacanze, e non sa se e come attrezzare la sua bicicletta oppure comprarne una specializzata. Trovo piacevole parlare con qualcuno che sembra proprio interessato all'argomento, al punto da diventare un po’ appiccicoso quando si offre di accompagnarmi di persona in piazza dove c’è una fontanella o di mostrarmi l’imbocco della strada per Perugia. Sono in giro da solo in un paese in cui il ciclismo è una passione di nicchia ed il cicloturismo, ancor di più, è una nicchia nella nicchia, seppur in crescita. Finora gli unici contatti umani li ho avuti con ristoratori, baristi o camerieri, con tante chiacchierate, fatte più per cortesia da venditore che per condivisione di un interesse.  
Riprendo il mio percorso, la pista ciclabile vera e propria termina qui. In realtà l’avevo lasciata un paio di chilometri prima, arrivando ad Umbertide diritto dalla provinciale, perché il percorso ufficiale deviava verso la località Montone su una collinetta. Da qui a Perugia il percorso è misto, una parte sulla viabilità ordinaria, strade secondarie poco trafficate, una parte su sentieri stretti che passano proprio nella boscaglia. Non c’è più la segnaletica, soltanto qualche cartello ogni tanto, ma ho scaricato la traccia sul cellulare e proseguo senza intoppi. Il paesaggio è un po’ diverso, non passo più proprio in mezzo ai trattori, dalla strada asfaltata i poderi agricoli sono ben recintati e con frequenti cartelli “Ambito territoriale di Caccia n°… Zona di rispetto venatorio e ripopolamento”. Dovrebbe significare che lì non si può cacciare per dare modo alle bestie di riprodursi, ma le chiacchiere da bar di prima mi hanno un po’ impressionato. Non è che mi becco qualche pallino pure io? 
Per fortuna non incontro nessun cacciatore, anzi non incontro proprio nessuno né cacciatore, né ciclista, né selvaggina, a parte un ragazzo che corre pure lui sul boschetto e mi costringe a scendere dalla bici perché il sentiero è così stretto che non ho lo spazio per superarlo. Quando ho scritto sentiero nella boscaglia, non dovete pensare ad un stradina ciclabile in ghiaia o in terra battuta, o con un qualche tipo di fondo costruito, c’è a malapena la larghezza per passare con la bici. Non è un percorso difficile, perché i saliscendi sono pochi e brevi, ma ci vuole una bici adatta e meno male che l’ho cambiata. Con Piera, che è una city-bike, ci sarei passato lo stesso, ma con molta più fatica ed ammazzandomi la schiena. Non sono un’amante della mountain bike e delle sue differenti varianti, quando pedalo preferisco avere l’asfalto sotto le ruote ed in questo la strada dei primi due giorni per me era perfetta, niente macchine, nel verde, ma liscia ed asfaltata. Fino ai 5-10 km, come in questo caso, il mio sedere sopporta fossi e vibrazioni, e lo  sterrato è un piacevole diversivo, oltre diventa quasi una tortura.

Ciclovia del Tevere, bicicletta gravel Umbertide - Perugia

Avvicinandosi alla città le strade si fanno un po’ più trafficate ed i sentieri lasciano il posto ad un ampio parco lungo il fiume. Continuando a scendere il Tevere si fa sempre più largo, fino ad aprirsi in un invaso, oltre il quale c’è un vecchio ponte in legno, Ponte San Giovanni, il primo obiettivo di questa giornata. Rivedo anche la luce del sole, che per lunghi tratti era stata, fortunatamente, nascosta dalle chiome degli alberi. È proprio il momento di fermarsi, fare un paio di foto, capire come proseguire e soprattutto MANGIARE. Si sono fatte le 3 di pomeriggio, ho tirato avanti con qualche biscotto trafugato a colazione e dando fondo a tutta la frutta secca e alle barrette che ho portato, ma adesso è il momento di procacciarsi un po’ di cibo serio. Proprio prima del ponte c’è un ristorante con un cartello molto invitante “TESTONE l’unica vera torta al testo, come da tradizione umbra centenaria umbra”. Per fortuna la cucina è ancora aperta, mangio una torta al testo con salsiccia e patate, fuori all’aperto, così do anche un occhio alla bici parcheggiata

Fiume Tevere sbarramento presso Perugia Ponte San Giovanni

Mentre mangio il mio Testo che sarebbe un cerchio di pane lievitato poco e farcito, insomma una via di mezzo tra un panuozzo ed una piadina (sì lo so che una descrizione sommaria, se qualche umbro la legge inorridito me ne scuso e se mi invia una descrizione migliore ed una ricetta la pubblico, al posto di quella in fondo che ho scopiazzato dal web), vedo sul cellulare orari dei treni ed alberghi per decidere dove concludere questo viaggio. Da dove sono ora il centro di Perugia dista 6 km, Assisi ne dista 16 ed entrambi sono più in alto. In ogni caso da Perugia a Salerno in regionale il viaggio sarebbe piuttosto lungo e conviene sfruttare questo mezzo pomeriggio che mi resta per andare ancora più a Sud per cui mi organizzo in questo modo. Prenoto un B&B a Spoleto, lo pago di meno rispetto a Perugia o Assisi, sono sufficientemente lontano da frati e capepezza (nun, so named for their typical veil), e visito una cittadina in più. Perugia-Spoleto la faccio in treno, è un’ora di viaggio che mi pesa poco fare stasera e sarà un ora di treno in meno domani. Intanto vado in centro, si sale un bel po’ di quota, ma mi sono riposato abbastanza ed i chilometri sono pochi, ma soprattutto sono gli ultimi.

Perugia, campanile convento di San Domenico

Il centro storico di Perugia è arroccato su un gruppo di collinette che delimitano la riva destra del Tevere e ne dominano la valle dall’alto verso il basso. Questa nota geografica mi era completamente ignota: di Perugia conoscevo solo una famosa fabbrica di cioccolatini. La scopro in diretta man mano che salgo ed ora questa particolarità della città le mie gambe non se la dimenticheranno più mai. Si ricorderanno benissimo tutti i 263m di dislivello fatti per arrivarci ed anche del particolare che Perugia non è su una collina isolata, ma su tante piccole cime raggruppate. Ciò implica che dopo aver terminato con la lingua da fuori il primo strappo, solo 2km ma pendenze fino al 10-12%, la strada scende e poi risale sulla collinetta successiva.

Pensi di essere all'ultima fatica di tre giorni di viaggio ed invece torni giù e ricominci da capo. Ho solo un flash degli edifici medievali che mi appaiono davanti, ma non riesco a trovare un punto di riferimento, un monumento che possa vedere come arrivo simbolico, appunto perché la città è divisa in 5 quartieri storici adagiati sui crinali, come recita Wikipedia. Come mi fisso su un grosso campanile, sicuramente ben riconoscibile da qualcuno del posto, dopo un paio di curve mi scompare davanti lasciando alla vista un pezzo di mura o una torre.

Pedalo su per l’ultimo fianco pieno di verde, passando davanti a sedi dell’Università e dell’ospedale ed arrivo al Pincetto. Guardando su google Maps, piazza IV Novembre, la piazza principale di Perugia, si trova ad appena un centinaio di metri, ma non riesco a trovare un modo veloce per arrivarci, sia impostando la modalità “a piedi” che “in auto” devo fare un giro tortuoso. Mi trovo davanti al tribunale al capolinea del “Mini-metrò”, in una zona moderna, con condomini in clinker ed i palazzi antichi li vedo in verticale sopra di me. La zona centrale e più alta di Perugia è proprio su un fazzoletto di terreno, sopraelevato a strapiombo sul territorio circostante come se fosse un castello di sabbia costruito dalle mani di un bambino. L’unico modo per arrivarci è prendere l’ascensore pubblico, ci carico la bici ed esco due fermate più in alto, sulla balconata del mercato coperto di Perugia, in pieno centro storico, come se facessi un salto all’indietro di 500 anni. 

Perugia

Inizio ad avere fretta, tra una cosa e l’altra si sono fatte le 17 ed io vorrei prendere il treno che parte alle 18.10, per non arrivare troppo tardi in ostello. Una breve sosta per prendere un frullato e mi metto a fare un intenso city tour. Con una mano spingo la bici, con l’altra tengo il bicchiere del frullato e con l’altra ancora il cellulare per fare le foto. Mi sento la parodia cicloturistica di un turista giapponese frettoloso, ed in poco meno di un’ora fotografo in fretta tutto quello che riesco a vedere: da Piazza IV Novembre con la Fontana Maggiore, il Palazzo dei Priori e la Cattedrale Maggiore, la Galleria Nazionale dell’Umbria in corso Vannucci, attraversato da un capo all’altro fino al belvedere piazza Italia dove ammiro dall’alto verso il basso il resto della città e tutte le colline lontane all’orizzonte. Sono a 450m sul livello del mare, ma mi gonfio orgoglioso come se avessi scalato chissà quale colle alpino: mi manca solo di raggiungere la stazione centrale, un poco più in basso, ho finito e sono molto soddisfatto della mia giornata in bici.

Perugia panorama

Sono partito diretto a Gubbio e sono finito a Perugia, cambiando idea in corso d’opera e completando un percorso di 3 giorni che se lo avessi voluto pianificare in partenza non sarebbe venuto così bene. In treno per Spoleto osservo la mia bici tutta sporca di fango e penso che il pezzo di gravel sia stata la ciliegina finale di un giro ben assortito, salite, ma non troppe, molta natura, e tante sorprese di luoghi che, anche se poco conosciuti, meritano a pieno una visita. L’unico rammarico è proprio per Perugia, che avrebbe meritato di più della sveltina che le ho concesso, in cui mi impegno a tornare almeno per un weekend.
A Spoleto alloggio a Villa Redenta, una vecchia villa nobiliare del Cinquecento, costruita sui resti di una casa patrizia romana, che ora è pubblica ed ospita una scuola di cucina ed alcuni uffici, mentre nelle ex-scuderie è stato ricavato un ostello. La location è molto particolare, ma la sistemazione è molto semplice, senza servizi e sufficientemente economica. Non è che viaggiando in bici mi serva chissà quale comodità, ma solo un posto sicuro per mettere la bici. Garage, cantine, ripostigli, sale convegni inutilizzate, ho sempre trovato un buco dove lasciarla. L’addetta alla reception mi suggerisce di lasciarla in giardino e sebbene la signora sia molto cortese, mi permette di lavarla e mi lascia le chiavi del portone, non mi fido. La reception non è sorvegliata ed il giardino è chiuso solo da una cancellata bassa e visibile dalla strada, per un attimo sono tentato dal portarla in camera, ma ha le ruote bagnate e non voglio inzozzare tutto. La lascio nell’atrio e la lego con i miei lucchetti al corrimano delle scale. Ci sono altre 2 mtb di una coppia di spagnoli, marito e moglie che hanno completato la ruta di Francisco e sembrano gli unici ospiti dell’ostello oltre me. Non sono legate. La mattina dopo Nikita è ancora lì, per fortuna.

Torta al testo

Torta al testo

 

Il nome sembra uno scioglilingua, ma il testo è ruoto su cui viene cotta ed anche se si chiama torta, ma non è un dolce, ma una focaccia salata. Si può farcire con quello che si vuole, ad es. con formaggi e salumi, anzi con norcineria, visto che siamo da quelle parti.

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500 g farina

1 cucchiaino raso di sale
1 cucchiaino raso di zucchero 
1 bustina di Lievito 
2 cucchiai di olio d'oliva
250 ml acqua

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Mescolare farina, sale, zucchero e lievito.

Unire l'olio, l'acqua ed amalgamare con una forchetta. 

Lavorare e dividere l'impasto in 2 panetti

Scaldare il testo: sarà a temperatura giusta quando, versandovi un pizzico di farina, questa tosterà senza annerire.

Stendere il primo panetto in un disco del diametro di 28 cm, cuocerlo per 20 min a fuoco lento e  bucherellarlo con i rebbi di una forchetta, girandolo ogni tanto.

Ripetere lo stesso col secondo panetto.

Tagliare le due torte al testo" così preparate in due strati e farcirle

Torta al testo
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