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Cosa rende moderna una città?

Aggiornamento: 4 ago 2020


Su questo blog ho già raccontato luci ed ombre del rapporto tra Milano e le bici, di come sia esploso nel post Covid (Milano cambia Giro), nonostante qualche polemica (Milano vs Vienna). Ora condivido alcune riflessioni sulla mia città natale, Salerno, dove sono tornato da un paio di settimane e girandola ho avuto modo di osservare.

Del boom di piste ciclabili e ciclisti che a Milano ho visto con i miei occhi e che sembra abbia interessato molte città italiane, a Salerno non c’è traccia. E’ rimasta un’unica pista ciclabile, nell’unica strada dove non serve, ovvero il lungomare; in giro per la città c’è qualche bicicletta sporadica, ma poca roba. Però le bici di prezzo medio-basso sono sparite dai negozi anche qui, come altrove. Ho impiegato una settimana per rimediare una scassona da tenere qui per le vacanze.

Faccio fatico a scriverlo perché non mi va di parlare male della mia città e passare p’ ‘o Milanese sagliuto, ma la sintesi delle mie riflessioni è che la concezione urbana di Salerno è rimasta ferma a 70 anni fa.

Mi spiego meglio. Settanta anni non sono un numero sparato a caso, ma mi riferisco al modello di città degli anni Cinquanta, ovvero il secondo dopoguerra. Erano anni in cui bisognava rimuovere le macerie della guerra, in cui l’automobile stava diventando accessibile a tutti e si inizio a costruire tutto quello che mancava: case, fabbriche, strade, autostrade. L’automobile, la sua velocità, l’espansione delle città, le costruzioni moderne erano considerate sinonimo di progresso, ricchezza e crescita economica. Quest’idea ha portato negli anni successivi (’60 e ’70) a costruire senza tutele e senza altro criterio che quello del massimo profitto economico per chi costruiva. Speculazione edilizia, sacco di Palermo, mani sulla città, sono espressioni direttamente riconducibili a quel periodo storico.

Solo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 si è iniziato a parlare di ambientalismo ed inquinamento, dopo la crisi petrolifera e quando è diventato evidente che le nostre città erano diventate una distesa di cemento con aria irrespirabile e la promessa di libertà e velocità dell’auto ha fatto i conti con il traffico e la mancanza di parcheggio. Oggi sviluppo sostenibile, eco-compatibile, green-economy sono parole d’ordine del dibattito pubblico, in alcuni casi in modo concreto, in altro sono solo parole di facciata, ma questo è un altro discorso.

Tornando a Salerno, quello che penso ogni volta che scendo è che la città sia rimasta ferma agli anni ’50, come dicevo sopra, non nel senso che nel corso degli anni non sia cambiata, la Salerno di oggi è oggettivamente molto diversa da quella in cui ho vissuto, ma il modo di concepire l’ambiente urbano è rimasto sempre lo stesso ed è vecchio di 70 anni. Ovvero nuove costruzioni e cemento come segno di crescita, auto provata come mezzo principale di trasporto, nonostante il traffico congestionato, asfalto su asfalto, ovvero nuove strade e parcheggi come risposta al problema. Bicicletta vista come mezzo di svago e non di trasporto, trasporto pubblico nei fatti marginale. Analizziamo un punto alla volta


Consumo di suolo

La foto che segue è un immagine di Salerno dall’alto, scattata dal Monte Stella. Il panorama inquadrato è incantevole e dal vivo, lo è ancora di più perché si vede mezza Campania in un solo colpo d’occhio (controlla qui se non ci credi).



Soffermandoci su Salerno si riconosce chiaramente come la città si sviluppi attorno alla foce dell’Irno estendosi sulla sua piana alluvionale fino a raggiungere i rilievi che la circondano attorno e sulle due sponde dell’Irno. L’altro “confine” della città è rappresentato ovviamente dal mare con l’inizio della Costiera Amalfitana. Un colpo d’occhio bellissimo della stupenda natura dei dintorni di Salerno che, tuttavia, ad uno sguardo più attento, contrasta con la cementificazione eccessiva e continua della città. Nel perimetro urbano non si vede nessun buco verde libero da case o strade ed alcuni quartieri “alti” (Canalone, Sanatorio) le abitazioni hanno letteralmente mangiato la collina.

Le aree verdi di Salerno sono minuscole rispetto all’estensione della città e quelle presenti, il lungomare Trieste, il parco del Mercatello, il parchi Irno/Pinocchio sono in realtà superifici pavimentate con qualche aiuola


Nuovi progetti

Senza nominare politici cittadini e senza commenti sulla retorica della “trasformazione urbana in città turistica ed europea”, vediamo quali sono stati i cambiamenti della città intermini di spazi fisici e non di marketing d’artista.

Come tante altre città, anche Salerno negli anni ’90, si è ritrovata con aree industriali (o di servizi) non più utilizzate come tali e per le quali c’è stata l’opportunità di una riqualificazione: il cementifico, il deposito ferroviario, la fabbrica Salid, l’area ex-Jolly hotel.

In tutte è prevalsa la logica cemento ed affari, senza approfittarne per creare aree realmente verdi nel centro cittadino (vedi paragrafo successivo). Tralasciando l’aerea Salid-Lungoirno di cui parlerò dopo, al posto del cementificio sono sorti un parcheggio ed un albergo; nell’ex-deposito ferroviario c’è il nuovo tribunale, senza che il vecchio sia oggi utilizzato per altri scopi e nelle “chiancarelle” il Crescent. La grande opportunità di una vasta area, in pieno centro, da libera è stata sprecata ricoprendola interamente di cemento per ospitare la “piazza più grande d’Europa” (cit.) ed un edificio che ha impoverito ed imbruttito la nostra costa ed arricchito chi venderà gli appartamenti e gli spazi commerciali. Una ricetta da Primissima Repubblica con annessi risvolti giudiziari.

A Milano, per confronto con un’altra realtà che vivo, su molte aree ex-industriali semplicemente sono state abbattute le costruzioni e piantati degli alberi, creando nei novi parchi verdi, grandi e piccoli. Nella grigia ed inquinata Milano si sono realizzati, ad esempio, il parco Ripamonti al posto delle OM (Officine Meccaniche), il parco dell’acqua al posto della Maserati, il parco del Portello al posto dell’Alfa Romeo. Non che a Milano manchino speculazione edilizia ed il malaffare, resta la Tangentopoli per antonomasia, ma accanto alla più classica speculazione di ricavare da capannoni dismessi centri commerciali e loft radical-chic, ci sono anche questi esempi virtuosi di desealing o depavimentizzazione. Questo termine, per quanto possa suonare strano, indica tutte le azioni che ripristinano il suolo naturale, dove prima era pavimentato. Può riguardare l’abbattimento di edifici con ripristino di superficie verde, ma anche micro-interventi diffusi come aiuole usate per realizzare spartitraffico o chicane al posto di elementi impermeabili. Il beneficio è quello di ridurre il fenomeno delle “isole di calore” ed aumentare la quantità di pioggia che può essere assorbita dal terreno, limitando i danni di piogge particolarmente intense, come accaduto di recente in molte delle nostre città.

A Salerno è stato fatto l’esatto contrario. Fino agli anni ’90 nel rione Campione, oltre alla fabbrica Salid abbandonata c’era un’estesa area verde lungo il fiume Irno ed un agrumeto alla fine via Caterina (con qualche compagno delle Medie andavo a fare ciclocross con le bici e scappavo se arrivava qualche tossico). Oggi con la Lungoirno, tra strada e nuovi palazzi la superficie, “consumata” è maggiore rispetto a prima della riqualificazione, nonostante i due parchetti. Gli unici parchi che nella realizzazione hanno tolto verde alla città. L’intervento fatto era senza dubbio necessario perché quel quartiere era un perenne “ingorgo a croce uncinata” (cit.), ma la soluzione trovata è vecchia, anche in termini di mobilità.




Mobilità

A Salerno chi può usa principalmente due mezzi di trasporto: la macchina ed il motorino. Autobus e biciclette sono ad appannaggio di chi non può permettersi un’auto o un motorino, diciamo studenti ed anziani. Era così quando ero ragazzo e mi sembra poco sia cambiato. Adesso c’è anche la Metropolitana, che in realtà sarebbe un passante ferroviario con treni ogni mezz’ora, ma ancora non mi è capitato di usarla; anzi se avete testimonianze o riflessioni al riguardo, per favore, scrivetelo nei commenti.

Eppure puntare sul mezzo privato per gli spostamenti è la strategia peggiore per la città: causa traffico rallentando tutti i mezzi, inquina l’aria, causa incidenti ed inoltre un auto, anche quando è parcheggiata occupa spazio che si potrebbe usare per altri scopi. Non a caso per una città, la descrizione “è piena di piste ciclabili e con i trasporti pubblici frequenti” è positiva, mentre dire “è piena di auto e di traffico” non lo è.



“Sì, ma le strade sono vecchie e strette”, “Eh, ma ci sono le salite” sono delle frasi frequenti per giustificare come Salerno non sia idonea ad essere percorsa in bici. Tuttavia c’è una strada nuovissima, inaugurata tante volte di cui l’ultima e definitiva nel 2015, quasi piatta e realizzata su un’aerea libera, quindi senza nessun vincolo di spazio, la Lungoirno. Se vediamo come è stata realizzata capiamo quanto valgono bici e autobus a Salerno: meno di zero. Abbiamo creato una strada a 4 corsie, 2 per carreggiata, marciapiede larghissimo e alberato, parcheggio sui due lati. Nessuna pista ciclabile e nessuna corsia preferenziale per i bus. In aggiunta nei 2 parchi adiacenti è vietato l’ingresso alle bicicletta.

A Salerno con la bici o fai sport o vai a passià abbasci’ ‘o lungomare. Che si può fare per cambiare questa mentalità?

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